Rivista | Data / Nr. | Argomento della recensione | Autore |
Audio Review | 245 – marzo 2004 | Bösendorfer VC7 |
Dopo Nagra, che dalle elettroniche di registrazione, preamplificazione e potenza è passata ai diffusori di livello molto elevato, ecco un altro nome storico, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, che decide di realizzare diffusori acustici. Come per Nagra nemmeno in questo caso, però, si può intravedere un bieco risvolto commerciale; un tentativo di invadere col proprio nome e la propria storia altri settori di vendita, attratti magari da un mercato meno chiuso e più spendaccione del proprio. Anche in questo caso, e lo dico con piacere, notiamo come dietro ad un'estetica elegante e da arredamento ci siano anni ed anni di studio, di ricerca e di ottimizzazioni, puntualmente verificati in sala misure ed in sala d'ascolto. La visione del mondo della riproduzione audio dei tecnici austriaci parte, manco a dirlo, dal bagaglio culturale e di conoscenze acquisito in quasi duecento anni di studi sulla costruzione dei pianoforti più apprezzati al mondo per le sonorità che sono capaci di esprimere e per la bellezza dell'assieme. In sala d'ascolto i due diffusori si presentano con un aspetto insolito: stretti poco meno di venti centimetri ed alti un metro e trenta, con due tweeter sul pannello frontale e due strane alette alte quanto il diffusore e disposte sui due lati del cabinet. L'estetica è semplicemente mozzafiato, con laccature vere, lucidissime e profondamente differenti dai tentativi a volte impacciati dei costruttori che hanno cercato in passato di accomunare musica riprodotta ed estetica elegante. Da questo punto di vista siamo qualche anno luce avanti, con una veste del legno che riesce a far sembrare la massa morbida e trasparente. Ma a noi tocca il compito di vedere, sezionare e spiegare le motivazioni del progetto, unite o meno alle prestazioni ottenibili in ambiente, motivo per il quale occorre immediatamente sopprimere la soggezione di fronte ad un mobile di tale eleganza e.., smontare tutto.
La tecnica di caricamento delle basse frequenze
Il diffusore che stiamo testando presenta un approccio alla riproduzione delle basse e medie frequenze che si discosta notevolmente dalla classica configurazione bass-reflex frontale. Come possiamo vedere dalle foto, infatti, i quattro trasduttori da tredici centimetri sono disposti a due a due sui lati esterni del cabinet ed irradiano perpendicolarmente all'ascoltatore. I collegamenti tra gli altoparlanti mostrano che i quattro sono tutti in fase tra loro, con le membrane che escono fuori quando il segnale è positivo e rientrano quando questo assume il verso negativo. Questo tipo di emissione pur originale e poco “frequentata”, non rappresenta comunque una novità in termini assoluti, visto che in passato molti costruttori hanno perseguito con convinzione questa strada, foriera di difficili equilibri con la gamma alta, ma comunque dotata di una resa spettacolare in ambiente. Le caratteristiche peculiari di questo tipo di emissione dipolare e contemporaneamente perpendicolare al punto di ascolto si possono riassumere in un forte coinvolgimento del campo riverberato e in una scena estremamente accattivante e veritiera. Ovviamente per ottenere una timbrica corretta dal punto di ascolto occorre limitare quanto meno possibile la risposta dei midwoofer per consentire un corretto amalgama con i trasduttori per le note alte. Per il filtro crossover vi rimando al box che ne analizza le soluzioni adottate e gli effetti; mentre in questa sede ci occuperemo della gamma bassa e di come questa sia caricata in quello che il costruttore chiama “Second Generation Plate Horn Resonator” e che nella nostra lingua viene tradotto più o meno come “risonatore a tromba piatta di seconda generazione” La formulazione di questo tipo di caricamento, il suo studio e le prestazioni ottimali sono dovuti ad Hans Deutsch., che nel suo press-kit offre una descrizione abbastanza particolareggiata dei vantaggi ottenuti grazie al principio di funzionamento di questo carico, applicato ovviamente alle VC 7 e agli altri diffusori di questo marchio. Le considerazioni alla base dello studio del progettista riguardano le limitazioni al condotto reflex tradizionale, a cui viene imputata come sappiamo una superficie radiante eccessivamente contenuta in relazione al volume spostato dal woofer, capace di non linearità e di un apporto di pressione ristretto ad un piccolo intervallo di frequenze prossime a quella scelta per l’accordo. Il primo approccio ad un miglior caricamento del condotto di accordo, ed in buona sostanza al comportamento della gamma bassa è stato ottenuto in passato grazie allo sviluppo di una tromba piana. Per ottenere un accordo di questo tipo occorre affacciare a distanza ridotta un foro praticato nel box con una parete piana, che consente una ottimale guida flusso d'aria, flusso che tra l'altro nello sviluppo della linea viene ad emettere su una superficie di bocca molto maggiore rispetto alla gola di partenza, in modo da evitare colorazioni particolari dovute ad una tromba tradizionale (come è possibile vedere nella Fig- 1). Lo sviluppo successivo a questo tipo di caricamento è partito dal constatare che tutti gli strumenti musicali naturali possono contare su una sorgente effettiva molto piccola, come una corda od una minuscola canna, che poi viene accoppiata ad un risonatore di dimensioni maggiori per rinforzarne fortemente l'emissione, costituendo un carico acustico tale da permettere una efficace variazione della pressione atmosferica. Ritenendo indispensabile che ci sia una similitudine tra strumenti musicali e diffusori acustici, l'autore ammette di aver ricercato per anni una soluzione pratica che implementasse tutti i vantaggi di questo carico. In buona sostanza, si tratta di operare sia sulla distribuzione delle frequenze emesse che sul rinforzo operato man mano che diminuisce la frequenza. Agendo sulle dimensioni e sulla costituzione fisica del pannello si riesce ad ottenere una risonanza del materiale che, a detta del progettista, si estende su tutto lo spettro delle basse frequenze almeno fino a 130Hz, frequenza oltre la quale inizia a prevalere l’emissione dei quattro trasduttori laterali. Dobbiamo ammettere, in verità, che in questa amplificazione mista attiva-passiva operata da generatori (in questo caso specifico degli altoparlanti) e risonanze indotte Bösendorfer rappresenta un maestro, con un bagaglio di conoscenze impressionante, acquisite nella costruzione dei suoi pianoforti. Il progettista spiega che i due pannelli risonanti posti avanti al condotto si comportano alle frequenze fondamentali come dei veri e propri driver, dal diametro equivalente a ben 150 centimetri che incrementano in maniera notevole il rinforzo alle basse frequenze. Dall’analisi dei parametri dei trasduttori e dalla verifica del volume a disposizione possiamo notare come i quattro trasduttori siano accordati ad una frequenza molto più bassa di quella necessaria per un accordo classico in reflex e per di più in un volume di carico ampiamente maggiore a quanto dettato da un ragionevole rapporto tra le cedevolezze. In buona sostanza, possiamo ipotizzare di avere un sistema accordato molto in basso, con una risposta fortemente pendente in gamma bassa e dipendente quasi totalmente dal fattore di merito totale del trasduttore. Si potrebbe obiettare che l’incremento e la normalizzazione della risposta in frequenza in ambiente si potrebbero molto più facilmente implementare a livello elettronico con dei filtri attivi, ma il progettista fa notare come ad una correzione elettronica corrisponderebbe un aumento del segnale ai morsetti dell’altoparlante, con il conseguente aumento della distorsione. Una tromba risonante di seconda generazione, accortamente disegnata viceversa in termini di distorsione verso guadagno, carica “gratis” l’emissione alle basse frequenze, cedendo poi il passo ai quattro woofer alle frequenze maggiori di 130 Hz. Occorre comunque ricordare come “il generatore”, rimanga sempre e comunque il gruppo di driver, che attraverso la gola costituita da due feritoie poste alla base del cabinet emette nella lunga fettuccia d'aria compresa tra l'esterno del diffusore e la tavola risonante posta ad appena mezzo centimetro di distanza. Oltre a ciò, notiamo che la frequenza di accordo, quella poco maggiore della massima emissione d'aria, è posta a poco più di 5O Hz e che il lungo e stretto cabinet è totalmente privo di assorbente, pur con le dimensioni a canna d’organo attentamente analizzate in sede di progetto. L'intento ovviamente è quello di consentire ai driver di imprimere la massima spinta al flusso d'aria che deve eccitare le due tavole esterne. Per provare questo tipo di geometria del condotto di accordo, ed accertarsi che comunque all'aumentare del segnale immesso il comportamento sia corretto, abbiamo modificato abbastanza pesantemente la routine della misura automatica della distorsione armonica in regime dinamico, verificando così quanta distorsione armonica e non armonica ci sia all'uscita del condotto vicino alla tavola vibrante sia alla frequenza di accordo Fb che ad una più bassa dell'ottanta per cento denominata “low”, frequenza alla quale corrisponde la massima velocità del flusso d'aria nel condotto stesso. Misurando la pressione ad un livello di ingresso molto basso, abbiamo potuto ricavare un riferimento su cui verificare la compressione dinamica introdotta dal flusso d'aria, che aumenta man mano la sua velocità all’aumentare della potenza immessa. Come possiamo vedere dal grafico di Figura 3, la distorsione armonica aumenta con buona linearità rispetto alla potenza. mantenendosi comunque molto bassa. Va notato come la compressione sia maggiore alla frequenza di accordo e come in entrambi i casi vada perduto qualche decibel alle potenze più elevate.
Conclusioni
Che dire in conclusione ad un test da Accademia dell'Audio? Una realizzazione che segna l'esordio di un marchio dall’esperienza di Bösendorfer nella produzione di diffusori acustici non poteva certo recare tracce seppur minime di banalità con un risultato uguale a tanti altri marchi. Questo viceversa appare immediatamente come una impronta pesante nel mondo della riproduzione acustica, una realizzazione molto particolare, per nulla improvvisata inseguendo la chimera di un facile successo commerciale dovuto al solo blasone. Il sistema di caricamento della gamma bassa appare originale, ben pensato e realizzato; mentre i vari test di ascolto hanno evidenziato un carattere tutt’altro che scontroso, specie sulla resa degli strumenti che più si accostano per logica e per costruzione a quello degli splendidi monoliti viennesi. L'eleganza e la presenza comunque rappresentano soltanto uno dei parametri di giudizio. Il diffusore per fortuna può contare su molte altre frecce da scoccare al cuore di un audiofilo amante della riproduzione musicale degli strumenti naturali.
Gian Piero Matarazzo
Il crossover
Il filtro crossover della VC7 appare in verità abbastanza semplice, ma una volta tanto la semplicità circuitale è dettata da esigenze diverse da quelle che potrebbero identificarsi con una filosofia di progetto minimale. L’esigenza prioritaria è quella di immettere dai quattro midwoofer energia in ambiente con una buona linearità fino alla frequenza di incrocio con i due tweeter, e di farlo nonostante la posizione fortemente fuori asse rispetto al punto di ascolto. È ovvio che in questo caso si utliizza tutta l’emissione dei trasduttori fino ad incrociare quanto più in alto possibile, in un intervallo di frequenze che comunque non si può estendere oltre il limite dettato dalla massa e dal disegno della membrana. Tocca quindi ai tweeter “raccogliere” il testimone ad una frequenza che potrebbe risultare pericolosamente bassa dal punto di vista della tenuta in potenza. La connessione in parallelo dei due porterebbe ad una sensibilità più elevata del necessario, una sensibilità che può però essere ridotta con una resistenza in serie il cui valore deve essere mediato tra il livellamento della pressione con i midwoofer in ambiente e la messa definitiva in sicurezza dei trasduttori a livello termico. Come possiamo vedere in Figura 4, l'elevato valore del gruppo di condensatori e la successiva resistenza in serie porta ad una frequenza di incrocio prossima agli 800 Hz; addirittura inferiore al passa-alto naturale del gruppo stesso di trasduttori. che presenta un roll-off a cavallo dei 1000 Hz. Questa scelta progettuale deve esser stata valutata certamente con attenzione da parte dei progettisti, che impongono un taglio certamente strano ai due pur coriacei trasduttori. Venti microfarad in serie ad una coppia di tweeter non sono uno scherzo, pur con una resistenza di 6;8 ohm in serie, anche se occorre ammettere che sia nella risposta in campo anecoico che in ambiente non si notano esitazioni notevoli alla frequenza di incrocio. Va da se che una leggera resistenza in serie ai quattro trasduttori deve poter dissipare una notevole quantità di calore, motivo per il quale è stato scelto un componente corazzato capace di dissipare almeno cinquanta watt e per di più è stato fissato ad una corta ma efficace aletta di raffreddamento. Ovviamente la qualità dei componenti del crossover è al di sopra di ogni minimo e lecito sospetto. In ultimo, mi piace far notare come il gruppo dei due tweeter sia montato in controfase rispetto alle unità medio-bassi. che viceversa emettono spostando la membrana in avanti se sollecitati da un segnale positivo.
G.P. MatarrazzoDevo ammettere che anche nel caso della Bösendorfer (sta diventando sempre più frequente), ho preferito ascoltare i diffusori appena rimossi dall’imballo ben prima di leggere la copiosa documentazione e di eseguire rodaggio e misure, una specie di ascolto preventivo per smuovere ben bene le membrane degli altoparlanti. Le prime impressioni che ne ho tratto alla fin fine si conciliano molto relativamente con quelle mediate e messe su carta dopo le sedute di ascolto vere e proprie. Il carattere c'è, così come la modulabilità in fase di posizionamento in ambiente. Trovare una posizione vicina a quella ottimale non è stato eccessivamente oneroso in termini di tempo e di insoddisfazione latente: ho realizzato immediatamente che occorreva in prima battuta svincolarsi con decisione dai posizionamenti consueti, scegliere il grado di rotazione dei diffusori rispetto al punto di ascolto e solo in seconda battuta curare la distanza dalle pareti laterali e di fondo; giusto per rendere o meno merito a quella che sembra essere la preoccupazione principale dei progettisti; ossia realizzare un buon accoppiamento del risonatore con le pareti a bassa frequenza, dalle quali il diffusore non deve distanziarsi eccessivamente. In questo caso si mette a punto contemporaneamente la timbrica e la scena ricreata in ambiente, e voi sapete quanto io sia sensibile a quella che ritengo la caratteristica più difficile da far venir fuori dal filtro crossover e dalla disposizione degli altoparlanti. Dopo un paio di ascolti col fido Biancotto di ACS ho sconnesso tutto, spento i mastodontici Halcro ed ho acceso tutti gli strumenti in sala misure. Delle rilevazioni tecniche ovviamente vi parlo dopo, mentre vengo a raccontarvi delle sessioni di ascolto successive, quelle “serie” fatte secondo la mia esperienza, che vuole prima una seduta sontuosa di rodaggio con la controfase; che in questo caso appare di difficile implementazione, poi una serie di tentativi precisi per il posizionamento, ed infine un ascolto mirato a mettere in crisi quanto emerso dal primo ascolto, dalla configurazione del diffusore e da tutto quanto mi ha colpito durante lo smontaggio per le fotografie. Bene, alla fine eccomi in sala d’ascolto, da solo, con a disposizione due tipi di cavo, due elettroniche di pregio,. una al vetro ed una a stato solido. ed un lettore CD ben conosciuto. Metro alla mano, eccomi a trovare la posizione. Con questo tipo di configurazione degli altoparlanti posso tenere i diffusori più larghi della norma e non vedere mai lo stage svuotarsi al centro, tanto da dovermi curare soltanto che la distanza dalle pareti laterali e posteriore non carichino oltre il lecito la timbrica e la musicalità ottenibile. Alla fine delle verifiche posso ammettere che a circa settanta centimetri dalla parete laterale e a 1 metro dalla parete di fondo la timbrica è fatta, mentre scopro che la rotazione del diffusore consente di regolare la scena in profondità modulando la riproduzione della gamma altissima in maniera estremamente precisa, in linea peraltro alle scelte timbriche fatte a monte del diffusore. Con i diffusori praticamente dritti, non ruotati verso il punto di ascolto, e con i finali Halcro ottengo il compromesso migliore, mentre con l'integrato T+A la gamma altissima ci guadagna leggermente se li ruoto appena appena; diciamo di cinque gradi verso il punto di ascolto. Lo Smetana Quartet mi dice che tutto è posizionato nel migliore dei modi, proponendomi i quattro esecutori praticamente inchiodati al proprio posto, fuori dai due diffusori, larghi, comodi e bene a fuoco nelle loro individualità. Quindi, buon contorno degli esecutori e fuoco ad ottimi livelli; come prima impressione da annotare su carta. In particolare resto impressionato dal violoncello, che in più di una occasione mostra spessore, estensione e “grana” contemporaneamente. Cerco di svuotare la mente da considerazioni tecniche, dalla misura della risposta e da quelle che ritengo più identificative e di concentrarmi sulla musica. Non ci riesco perfettamente, anche perchè nella nostra sala di ascolto i diffusori posizionati in modo così inusuale smorzano sul nascere ogni tentativo di concentrazione. Comunque passo all'ascolto di una voce solista del gentil sesso, che si materializza quasi al centro della sala, definita, completamente fuori sintonia qui ma perfettamente incastrata in quello che immagino essere 1'ambiente originale della registrazione. Tanto per sollecitare una ricostruzione scenica di maggior precisione, prendo il pacco di dischi regalatomi dal Cicognone e scelgo una sequenza di brani per pianoforte. Accidenti! Come pensate che suoni un pianoforte in un diffusore Bösendorfer? Ve lo dico io: come se fosse presente in sala. Drammaticamente presente, specie se la registrazione è stata fatta da un virtuoso dei microfoni credibili; quelli che non vengono cacciati “dentro” il pianoforte, che una volta riprodotti ti disegnano uno strumento largo quattro metri ed alto quanto tutta la sala. Scovo una traccia di ottima fattura, dove il piano ha delle dimensioni naturali, tanto naturali che posso indovinare la sua posizione relativamente alla scena e ai microfoni. “Ma così è troppo facile” mi dico, “figurati se non hanno ottimizzato e calibrato la resa sul pianoforte!”. Indeciso se mettere su i Led Zeppelin o la musica per la grande orchestra, quella che fa tremare le pareti, esito un attimo e poi concedo fiducia alla grande orchestra; che si dispone correttamente in tutte le sue dimensioni. La capacità che immediatamente si riconosce a questo diffusore è quella di ricreare una scena larga, ariosa e precisa, pur restando più addossati alle pareti laterali. Gli esecutori sono identificati con facilità e posizionabili nella nostra immaginazione quasi senza sforzo. Aumentando il volume ai massimi consentiti noto un certo irrigidimento della scena, con la gamma bassa che sembra divenire più rauca del normale. Mi dico che gli Halcro sono degli amplificatori strapotenti e che forse sto esagerando, per cui abbasso leggermente il volume e continuo l'ascolto, L’idea che comunque sia tutto il cabinet a suonare e non solo gli altoparlanti mi porta ad indagini più approfòndite, con i dischi ad alto contenuto di gamma bassa, ed in un secondo tempo con brani vocali dalla buona escursione di frequenze. Devo ammettere che la tenuta è sufficiente e che il corpo della voce viene fuori abbastanza naturale, pur se ogni tanto la gamma più profonda della voce maschile sembra prevalere. Mi decido allora ad allontanare leggermente i diffusori dalle pareti laterali di cinque centimetri per lato, e mi risiedo ad ascoltare il risultato sulla stessa traccia del CD. Va meglio, molto meglio, nonostante lo spostamento sia stato estremamente contenuto. Mi ricordo che quando il diffusore investe pesantemente il campo riverberato occorre muoversi con estrema attenzione, tanto che spesso interventi molto piccoli portano a risultati notevoli. In effetti devo ammettere che con le Bösendorfer funziona esattamente così, tanto da pretendere cura, attenzione ed una buona dose di esperienza. Il risultato poi ti compensa ampiamente. Ancora un appunto, una provocazione che lancio alla fine del test: la gamma alta è pulita, pulitissima, al limite della perfezione... nonostante le misure e nonostante la risposta non brilli per estensione e linearità. Vuoi vedere che i progettisti Bösendorfe (ma anche ARz Quad. Nagra e Martin Logan) si sono accorti che gli strumenti “naturali” non hanno il tweeter e che ci stiamo disabituando alla sola estensione privilegiando viceversa il livello, esattamente come accadde per le frequenze basse una ventina di anni fa? Bah!
L’ascolto di Marco Cicogna
Le prime sensazioni d'ascolto sono quelle percepite nel corso della mia visita a Vienna. Bisogna dire che i signori di Bösendorfer non hanno esitato a far suonare i loro diffusori immediatamente dopo avermi fatto provare i grandi pianoforti da concerto. Ci vuole coraggio a mettersi di fronte ad un impianto hi-fiz per quanto buono; con le orecchie ancora piene del turgido suono dell'Imperial Grand (a proposito, c'è una splendida incisione Telarc dedicata a Chopin eseguita da Malcom Frager proprio con questo strumento). Collegate le ammiraglie (elettroniche Electrocompaniet. per la cronaca). il progettista dei sistemi di altoparlanti Bösendorfer, Hans Deutsch. tira fuori un paio di CD realizzati da lui; ancora pianoforte, tanto per restare in tema, ovviamente targato Bösendorfer. L’impatto è vivo e vibrante, il timbro chiaro nella porzione centrale della tastiera di questi strumenti è colto con efficacia. Si fa notare la completezza della rifinitura armonica, per un'emissione che è ricca delle risonanze del luogo d'incisione, mentre l'immagine dello strumento è del tutto svincolata dalla posizione dei diffusori. Non mi lascio intimidire. Ho portato anch'io alcune incisioni e faccio ascoltare qualche estratto dai nostri CD dedicati alla grande orchestra. Ci godiamo gli strumenti originali dal Concerto “per molti strumenti” di Vivaldi., gli attacchi precisi dei fiati nei “Capriccio Italiano” di Tchaikovsky, il borbottio pieno dei fagotti e dei controfagotto nell' “Apprendista stregone”, la tuba solista rotonda e possente dal “Bydlo” dai “Quadri di un”esposizione”, il ruggito dei tromboni nella loro ottava bassa e l'intervento delle percussioni piccole e grandi nella “Notte sul Monte Calvo”. Resto sorpreso; non mi aspettavo una tale dinamica da un sistema relativamente snello e privo di grandi driver. Passiamo al brano conclusivo del CD "Orchestra del XX secolo”. .Si tratta dei “Pini della via Appia” di Respighi, quel lungo crescendo tanto noto agli audiofili che battuta dopo battuta sembra voler metter sempre più legna nel fuoco orchestrale. Anche qui le nostre riescono a dipanare senza fatica la fitta matassa strumentale, con una prestazione limpida e trasparente che non dona più rilievo del necessario alla generosità della linea dei basso di questa incisione. Tutto per il meglio, anche per i miei ospiti; tanto che mi '”costringono” a lasciare le mie copie dei nostri CD realizzati con la Reference Recordings (fortuna che ne porto sempre dietro una bella scorta). A Roma, nella nostra redazionez le Bösendorfer sono pronte all'ascolto dopo le cure del Matarazzo. Qui abbiamo potuto contare sull'eccellente lettore di CD e SACD Sony della serie 9000; un fuoriclasse di cui vi raccontiamo in altra parte. Come amplificazione l'ormai ben noto integrato valvolare della tedesca T+A e il nuovo pre e finale multicanale di AM Audio (ovviamente in configurazione soltanto stereofonica), descritto in questo numero da Fabrizio Montanucci e dal sottoscritto. Nella sala d'ascolto si evidenziano ancora di più le caratteristiche di questo sistema, decisamente originale. In un intorno molto ampio della gamma media l'emissione è generosa. dettagliata e sembra estrarre ogni particolare dal software. I segnali di ambienza ricevono un trattamento di prim'ordine: se il materiale è eccellente, la resa appare per molti versi simile nel dettaglio a quanto offerto da un elettrostatico. Per contro, di fronte ad una registrazione artificialmente riverberata, o timbricamente poco omogenea, il risultato è drammaticamente evidente nel far cogliere le limitazioni del software, con un medio-acuto che può diventare pungente ad alto volume. La gamma bassa è estesa e si lascia cogliere nelle situazioni in cui effettivamente è ben presente. La pedaliera d'organo è ben modulata, nelle grandi incisioni della Telarc, della Dorian e della Hyperion lo strumento è omogeneo e la gamma bassa priva di effetti speciali. Allo stesso modo i segnali impulsivi a bassa frequenza della grancassa si comunicano all'ascoltatore senza per questo scuotere le pareti. Il comportamento della sezione grave è tale da essere apprezzabile soprattutto con i generi classici o con il jazz di alta qualità. La mia impressione è che il rock ed il pop commerciale (con tanto di rispetto) non sembrano essere stati favoriti dal progettista di questi diffusori, nati evidentemente per cogliere tutte le sfumature della voce e degli strumenti acustici. È corretto dire a questo punto che le Bösendorfer non perdonano la mediocrità, a rischio di apparire ingenerose con materiali sonori a loro non congeniali. Assieme ad altri colleghi della redazione ascoltiamo ancora dell'ottimo pianoforte (non necessariamente di marca Bösendorfer) con la Toccata e fuga di Bach trascritta da Feinberg (Hyperion), le Sonate di Beethoven (Pentatone e Naim, la “Polacca Eroica” suonata magistralmente da Kissin (BMG), i “Quadri” nell'ormai famosa lettura di Pogorelich (DG). Queste sono tra le migliori incisioni di pianoforte oggi disponibili e le nostre hanno evidenziato il carattere peculiare di ciascuna di esse. Per qualcuno questa rappresentazione potrà apparire troppo “marcata”, il contenuto armonico insolitamente ricco, la captazione ambientale particolarmente generosa. Non è un suono per tutti e forse occorre più di qualche ora di ascolto attento per familiarizzarsi. Resto piacevolmente sorpreso per la corretta resa timbrica con i singoli strumenti o con i gruppi cameristici. Nello “ Schiaccianoci” reso magicamente da un Gergiev in stato di grazia (Philips), la sezione violoncelli dell'orchestra del Kirov ha una stoffa nobile ed eloquente che tutti dovrebbero ascoltare almeno una volta nella vita, le trame strumentali all'interno della vasta partitura della Terza di Mahler (SACD DG); anche nel pianissimo, esibiscono una ricchezza di dettagli sonori che offre a tutto tondo l'ampio respiro della sala. Con il blues marcato Telarc, il ricco sound di Monty Alexander lavora su piano, basso e batteria con uno stile che sembra unire efficacia teutonica e fair play anglosassone. Ma siamo in Austria, e al cospetto di una nuova realtà nel panorama dell'high-end di altissimo profilo. Da ascoltare assolutamente.
Bösendorfer. Tradizione e innovazione al servizio della musica
Abbiamo portato i diffusori Bösendorfer nuovi fiammanti nella nostra redazione per offrirli alla disamina tecnica del nostro Gian Piero Matarazzo. Sono stati fotografati, misurati e installati nella sala d'ascolto, connessi a quanto di meglio a nostra disposizione: in tal modo abbiamo potuto dedicare loro una meritata prima pagina, che in AUDIOREVIEW si traduce nella gloria di una gustosa “Accademia dell’Audio”. Tutto questo lo abbiamo fatto con la consueta attenzione, perchè come ben sapete la vocazione tecnico-scientifica di TechniPress non accetta supine riedizioni di comunicati stampa o impressioni (pur erudite e dettate da esperienza) prive di una efficace verifica strumentale. Ma ad un nome come Bösendorfer, marchio presente sulla scena musicale mondiale da oltre 175 anni, dovevamo qualcosa di più; bisognava presentare non solo il risultato finale di un'idea, ma cercare di cogliere l'humus nel quale questo progetto di diffusori era stato concepito e si era sviluppato. Evidentemente non è dall'oggi al domani che un costruttore di pianoforti decide di produrre diffusori e questa azienda vanta un pedigree che affonda le radici negli anni in cui l’impero Austro-Ungarico dominava l’intera area mitteleuropea, compresa una parte significativa del nostro Paese. Dopo una lunga fase di preparazione, il costruttore austriaco giunge alla realizzazione di un'importante linea di sistemi di altoparlanti, anch'essi identificati da quel mitico logo che per ogni appassionato di musica rappresenta una delle più autorevoli manifatture di pianoforti. La fama di Bösendorfer inizia con Liszt; nei primi decenni dell’Ottocento. Il grande virtuoso; primo fra tutti i musicisti ad inventare il ruolo eroico del solista che affronta un vasto pubblico e lo domina con il proprio virtuosismo e la potenza dello strumento, in più di un'occasione era capace di distruggere la meccanica dei pianoforti in uso all'epoca. Il pubblico andava ovviamente in delirio (un secolo e mezzo dopo qualcuno avrà l'idea non tanto originale di spaccare sul palcoscenico le chitarre; ma questa è una storia di ben altro spessore artistico), al pari di tante giovani donne che si accapigliavano per impossessarsi del fazzoletto che l’ungherese lanciava dal palco con gesto romantico all'inizio del concerto. Con il pianoforte costruito da Ignaz Bösendorfer, Liszt poteva portare a termine persino i suoi strabilianti “bis” al limite della tecnica e delle possibilità dinamiche dello strumento senza metterlo fuori combattimento. Era nato un mito, supportato e condiviso da tanti interpreti che nel suono del costruttore viennese hanno trovato il giusto carattere per affrontare la grande musica. La lista dei pianisti e dei musicisti che dal 1828 hanno utilizzato un Bösendorfer riempie diverse pagine. “Lebendige Legenden “ – “Leggenda vivente”, è il motto che appare spesso nella letteratura della Casa viennese; il bellissimo volume pubblicato in tedesco e in inglese per il 175° compleanno reca in apertura un'accorata presentazione del Presidente della Repubblica austriaca Thomas Klestilz che parla di "simbolo dell’Austria”. Bösendorfer fa davvero parte della storia di Vienna, al pari del Musikverein, dei Wiener Philharmoniker, della Sacher Torte, della Scuola Spagnola di Equitazione, degli stessi Asburgo, ma anche e soprattutto di Mozart, di Beethoven, di Schubert, di Strauss e di tanti altri compositori sino agli innovatori della scuola di Vienna al principio del Novecento. Qui la grande musica la si respira nell'aria, un universo culturale in cui librerie e negozi di dischi sembrano persino più numerosi di quelli di abbigliamento. Inevitabile allora, per conoscere quanto c'è dietro questi nuovi diffusori, partire per Vienna in una fredda giornata d'inverno, accompagnato da Stefano Mazzoli (Suono e Comunicazione) e da Giovanni Spinelli (Au Deus), che hanno avuto il fiuto di avviare la distribuzione italiana di questi diffusori. Ci ha accolti il Dr. Rupert Loschnauer, responsabile della divisione audio della Bösendorfer. Il primo impatto, dopo una colazione tipicamente austriaca con profumati salumi, succulente cotolette e ottimo vino di produzione locale, è stato con la storica sede viennese. L’esposizione dei pianoforti era tale da togliere il fiato, ma non possiamo non dire della fabbrica vera e propria in cui legno (per inciso quello della italiana Val di Fiemme) e metallo si trasformano nella più suggestiva macchina sonora concepita da mente umana e della sala da concerto annessa alla sede in cui settimanalmente si tengono concerti aperti al pubblico. Ho potuto suonare sul mitico “Imperial Grand”, il modello “290” che deriva da una serie speciale richiesta espressamente da Busoni all’inizio del Novecento per eseguire le sue trascrizioni dei corali per organo di Bach. Tutti i pianoforti hanno tradizionalmente 88 tasti; il “290” ne ha ben 97, completando verso il basso (sino al Do) l'ottava che giunge normalmente sino al La. La fondamentale di questo strumento giunge ai fatidici 16 Hz, alla soglia dell’udibile, un suono pieno e possente che ogni appassionato di musica dovrebbe ascoltare dal vivo a pochi passi.
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