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Audio Review Set. '97/173 Giradischi digitale Planet Marco Cicogna

giradischi digitale Rega Planet

Soltanto in apparenza questo mese ho rinunciato alla mia consueta dieta a base di diffusori, occupandomi in AUDIOCLUB del lettore di CD Rega di cui state per leggere e dell'amplificatore integrato a valvole della Unison Research. Dico in apparenza perché in altra parte di AR ho avuto l'occasione per dire la mia a proposito di un grande sistema di altoparlanti inglese (stiamo parlando delle Celestion provate nella sezione tecnica dal Fravolini) che esce dai canoni di una riproduzione sonora accurata ma anche controllata e persino compassata per lasciarsi andare a pressioni sonore di più elevato ordine di grandezza (con una resa in gamma bassa, mi annunciano, tra le più eclatanti). Le due consuete sale d'ascolto della redazione erano ulteriormente impegnate da un complesso impianto audio-video dalle prestazioni interessantissime, per non dire della presenza del massiccio finale Adcom che ha brutalizzato la maggior parte dei sistemi di altoparlanti presenti con bordate valutabili in diverse centinaia di watt. Si sono salvati soltanto alcuni piccoli diffusori che la nostra innata bontà ha voluto risparmiare dai passaggi più intensi di alcuni brani orchestrali tratti dai miei dischi di prova dei quali dovreste ormai avere una più che pallida idea. Ma nel più tranquillo ambito domestico, nella quiete relativa dei lunghi pomeriggi di luglio trascorsi nell'"otium" di studi ed approfondimenti musicali e non soltanto musicali, la macchina da musica protagonista dei miei ascolti è stata proprio il lettore Rega "Planet" cui questo testo è dedicato.

Alcune premesse innanzitutto. Questa è la prima volta che il costruttore inglese si cimenta con una macchina digitale. Rispetto alla media dei concorrenti è una "prima volta" non certo precoce, anzi direi piuttosto tardiva, tanto che se fossimo nell'ambito di altro genere di "prime volte" ci verrebbe alla mente il classico amico tontolone e un poco imbranato (che ciascuno di noi ben conosce) giunto ancor vergine a superare la trentina. Ebbene qui ci occupiamo di altro, e Rega non viene a cogliere un frutto tardivo, né tantomeno ha aspettato sino a farlo cadere dall'albero quando ormai è troppo tardi. Piuttosto è stata in grado di trarre vantaggio dall'esperienza di quasi un ventennio di era digitale che le consente di fornire già un prodotto perfettamente maturo in termini tecnologici, ed attendibile in quanto a musicalità. Il Planet, inoltre, sa evitare grazie alla perizia di uno dei più seri ed apprezzati costruttori d'oltre Manica quegli errori che altri nel passato hanno già fatto. In termini economici si permette finanche di proporre un prodotto "evoluto" ad un prezzo che di poco supera alcuni "entry level" di buona realizzazione, in tal senso rispettando la propria filosofia progettuale volta a realizzare macchine da musica dal costo umano. In numeri passati di AUDIOREVIEW avevamo avuto modo di conoscere le amplificazioni Rega, i diffusori ELA e XEL, ed anche il famigerato giradischi analogico Rega Planar 9, un vero campione in ogni categoria di prezzo le cui prestazioni hanno (ri)destato in molti la passione per il vecchio disco in vinile. (Me compreso).
Esteticamente le linee semplici ed essenziali del Planet ripercorrono i tratti comuni alla corrente produzione di elettroniche della Rega, con il rivestimento plastico antigraffio in quel grigio scurissimo tendente al nero e le scanalature orizzontali sul pannello superiore. Il nostro ha dimensioni appena più piccole della media, soprattutto in altezza, ed un peso nemmeno troppo importante. La caratteristica più evidente è comunque il caricamento dall'alto. Non si tratta di una soluzione particolarmente innovativa perché altri nel recente passato ne hanno fatto uso, soprattutto in realizzazioni di alto livello, ma consente alcuni innegabili vantaggi. In primo luogo, nei lettori tradizionali, i meccanismi motorizzati per il movimento del vassoio di caricamento sono vulnerabili all'usura e compromettono l'affidabilità ed il costo finale del prodotto. Inoltre, nel sistema adottato dal Rega Planet, si facilita l'accesso al sistema di lettura ottica (che statisticamente risulta il punto debole di ogni lettore> in caso di riparazione o comunque dì intervento tecnico. Ad un esame più attento si scopre un altro punto di forza del nostro. I tecnici Rega hanno visto che normalmente i sistemi di sospensione con controtelaio nei gira-CD tendono ad incrementare la funzione di correzione degli errori e quindi la qualità della riproduzione. Il Planet impiega un sistema di sospensione mediante dei piedini di supporto con accoppiamento viscoso che assorbe le vibrazioni senza aggiungere risonanze al dischetto in veloce rotazione.
In fase di utilizzazione il caricamento dall'alto assicura in un certo senso un più intimo contatto con il sistema di lettura, che non soltanto non cela alla vista, ma addirittura consente di osservare il CD in rotazione durante la riproduzione. La similitudine con il tradizionale giradischi analogico non può essere casuale per un costruttore del calibro di Rega e, ben al di là delle pur attendibili e convincenti spiegazioni tecnologiche, troviamo preferibile restare colpiti dal maggior senso di familiarità che il piccolo e poco pretenzioso "Planet" ispira. Anche la "ricettività" dell'ambiente familiare è stata particolarmente favorevole al nostro, diventando in breve tempo uno dei componenti più gettonati del mio impianto. Per gli ascolti il lettore Rega è stato utilizzato come sorgente in due catene dì riproduzione di ottimo livello delle quali conosco la resa sonora anche per quanto riguarda le interazioni con l'ambiente.
Sin dai primi minuti appaiono confermate alcune attendibili voci che riconoscevano al Planet una grande attendibilità musicale. Intendiamoci, non è che il nostro debba far rinunciare alle consuete funzioni che normalmente ci aspetteremmo da un lettore di questa fascia di prezzo. Telecomando, programmabilità dei brani, salto di traccia ed avanzamento veloce nei due sensi sono di tutto rispetto, ma è chiaro che le ambizioni progettuali del Rega trovino giustificazione in ben altro ambito.
Iniziamo alla grande con un classico per i miei ascolti. Si tratta dei "Concerti per corno" di Mozart, quella consueta edizione diretta da Hogwood per la OiseauLyre (con strumenti originali), ma non soltanto questa, avendo fatto alcuni stimolanti confronti per la recensione di una nuova emissione di questi splendidi concerti per la Erato di cui trovate notizia nella sezione musicale della nostra rivista. Se non avete ancora tra i vostri CD una versione dei concerti per corno del salisburghese potete scegliere tra queste due esecuzioni, cogliendo la differenza tra strumenti antichi e moderni, soprattutto nella timbrica e nelle modalità di emissione del solista. Al pari dei migliori sistemi digitali cui appartiene, il Planet consente una introspezione accurata sia sul piano timbrico che su quello prospettico del messaggio musicale. Ciascuna delle parti strumentali è resa con cura e correttezza, ma ancora di più si apprezza il naturale senso di presenza dell'intero corpo degli esecutori. L'impostazione timbrica rifugge da inopportune esaltazioni della gamma acuta, che, pur non risultando arretrata, resta sempre al proprio posto e non sottrae il piacere di ascolti prolungati. Notevole il senso di coesione in gamma media e medio-bassa, che sostiene il corpo degli archi con vigore ed una punta di morbidezza di grande fascino. Proprio il corno solista (e vi posso assicurare, senza equivocare sul significato, che io di cornì faccio collezione e me ne intendo abbastanza) si presenta solido ed attendibile pur nelle sue differenti impostazioni, mentre i dettagli nelle sfumature dell'emissione risaltano con pieno rispetto della notevole qualità di queste incisioni.
Nello scorso numero vi avevo raccontato del mio entusiasmo per la nuova emissione della versione originale dei "Quadri di un'esposizione" dì Mussorgsky eseguiti da Pogorelich. Si tratta di un CD essenziale, ma ora voglio parlarvene soltanto per dirvi di come il nostro Rega abbia saputo estrarre dal dischetto tutte le potenzialità soniche di una esecuzione travolgente. Nessun problema per quanto riguarda l'atteggiarsi sicuro degli ampi intervalli dinamici, la potenza e la pienezza su tutte le gamme degli accordi più intensi, e la pronta scorrevolezza delle note veloci nella parte più acuta della tastiera. Ma il punto di svolta in termini qualitativi per i sistemi digitali consiste nel riproporre un messaggio sonoro completo ed attendibile anche ai bassi livelli sonori. I molti passaggi ai limiti del pianissimo che questa pagina contiene in brani delicati e suggestivi come "Il Vecchio Castello", nel quale il tocco di Pogorelich assume tinte quasi evanescenti, escono da un indistinto sottofondo per imporsi all'attenzione con rinnovata chiarezza. Notevole anche in questi casi estremi l'intelligibilità del testo musicale e la compattezza dello strumento, che offre un'immagine sempre solida e coerente dai vasti contorni spaziali. Per conseguenza i momenti più intensi come "Bydlo", "La capanna di Baba Yaga" e soprattutto la travolgente e conclusiva "Grande porta di Kiev" pur nel clamore generale consentono di cogliere il respiro interno, la struttura dei grandi e complessi accordi dove molte note suonano assieme, conservando un senso di naturalezza che incita (se occorresse, ma con me, dicono i miei vicini, non occorre) ad innalzare senza fatica il volume d'ascolto.
Anche una pagina sinfonico-corale molto suggestiva e meritatamente famosa come i "Carmina Burana" di Orff (nella nuovissima esecuzione di Dutoit per la Decca, della quale ho ascoltato in anteprima una delle copie canadesi) rende giustizia alla ricostruzione spaziale del nostro lettore Rega. La scatola sonora viene offerta ricca di dettagli e per nulla avara nel porgere i segnali di ambienza della chiesa di St. Eustache a Montreal dove viene registrata l'Orchestre Symphonique de Montreal protagonista di questa incisione. Assolutamente corretto l'equilibrio timbrico e prospettico tra i solisti di canto e la massa del coro e dell'orchestra. Sfavillanti senza caratterizzazioni inutili le piccole percussioni e buona la resa con l'immancabile grancassa, forse meno solida e profonda di come non sia recentemente apparsa con sistemi più costosi ascoltati di recente, ma sempre solida e coinvolgente.
Due brani ad intenso contenuto di frequenze profondissime come la "Sagra" di Strawinsky (Dorian), per quello che riguarda le percussioni, ed il "Corale n. 12" di Franck (Murray-Telarc), in quanto a pedaliera di organo, sembrano dare la precedenza alla chiarezza e trasparenza in gamma media e medio-bassa piuttosto che alla abissale profondità di frequenze basse di grande intensità, il cui peso relativo appare ridimensionarsi al cospetto di sonorità morbide e naturali che comprendono l'integrità dello spettro audio. I diffusori con i quali ho ascoltato il PIanet nel corso di questo mese, pur considerando le diverse impostazioni progettuali, sono ottimi indicatori della personalità sonora della sorgente, anche per il fatto di risiedere in permanenza nelle mie due sale da musica. Un CD che ascolto sempre volentieri con gli amici è"La Vienta" della Telarc, una incisione morbida e dettagliata assieme di una sorta di fusion chitarristica che in questi tempi va sotto il nome di "Jazzmenco". Una piacevole commistione di generi che sembra strizzare l'occhio ad un'altra miscela etnica che in campo gastronomico è rappresentata dalla cucina "Tex-Mex", nata sulle rive del Rio Grande ed esportata all'est degli USA con risultati fin troppo stimolanti per i gusti addomesticati dei newyorkesi. (Ben diversa cosa sono i tanti fetenti ristoranti finto-messicani che imperversano in Italia e che soprattutto a Roma riescono ad essere gremiti (!) da giovani e meno giovani inconsapevoli). Ma torniamo alla musica per dire di come la freschezza tutta acustica delle chitarre e di una base ritmica solida come da sempre la Telarc ci ha offerto sono riproposti con ricchezza di dettagli ed informazioni. Ancora una volta si apprezza la ricostruzione di uno spazio sonoro tridimensionale che rende tangibili gli esecutori, rendendo il tutto non soltanto attendibile ma anche piacevole e coinvolgente.
Che dire di più ? Un oggetto prezioso e simpatico, ma soprattutto bensuonante, con il quale Rega ha voluto esprimere la propria creatività nel settore delle macchine digitali. Un successo per godere del quale non occorre nemmeno sconvolgere il proprio conto in banca, e che potrà regalare moltissima musica a chi avrà la giusta sensibilità per apprezzarlo sino in fondo.
Buon ascolto.

Marco Cicogna

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