Rivista | Data / Nr. | Argomento della recensione | Autore |
Suono | Gen '98/295 | Preamplificatore phono MM/Mc Eos | Roberto Rocchi |
Sezione phono Rega Eos
Ammetto che con sempre maggiore gioia accolgo le novità che riguardano l'analogico. Ecco allora la sezione phono della Rega, che ultimamente ha deciso di stupirci sia per il numero di nuovi apparecchi che per la qualità sonora.
Nell'ultimo anno questo è il terzo apparecchio Rega che ho la ventura di recensire. Quindi dopo l'Elicit e il Big Brio, due amplificatori integrati dalle caratteristiche audio interessanti, ecco l'unità phono Eos. L'Eos si pone come giusto coronamento di una tradizione nel campo analogico che indubbiamente ha pochi rivali nel pur vasto panorama europeo. Ricordare il Planar 2 e 3 significa rinverdire ricordi di gioventù in cui, senza quattrini ma con tanta passione, anche i meno fortunati avevano modo di avvicinarsi all'hi-fi di qualità godendo di quella musicalità che la scuola inglese sapeva proporre. Per non parlare del braccio RB300 che ha segnato in modo indelebile una strada, in seguito percorsa da molti altri, lastricata di buona musica ascoltata nel migliore dei modi e spendendo cifre per cosi dire popolari. Il Planar 9 e 1'RB900, anche se non propriamente di fascia economica, sono attualmente il vertice raggiunto da Rega e possono essere considerati un riferimento assoluto per ciò che riguarda l'ascolto analogico. Dopo una prima, tra l'altro riuscitissima, capatina nel mondo delle sorgenti digitali con il CD player Planet, la Rega ritorna al vinile occupandosi dell'importante sezione phono. Ed eccoci all'oggetto di questa prova che si presenta con quella che ormai possiamo definire una vera e propria uniforme indossata da tutti i componenti Rega. Il telaio dell'Eos è lo stesso di tutte le apparecchiature della ditta inglese, costituito da due gusci in alluminio pressofuso e amagnetico. Il colore nero è di rigore ad eccezione del led rosso (unico vezzo che è stato concesso al frontale oltre naturalmente all'indispensabile pulsante di accensione) che segnala l'attivazione completa dei circuiti smettendo di lampeggiare. Il logo Rega è realizzato a sbalzo sull'unica parte in plastica del tradizionalmente scarno frontale. Inutile la descrizione della parte superiore dello châssis segnato profondamente ed in deciso decrescere da lamelle di raffreddamento che, oltre ad essere esteticamente ben riuscite, svolgono egregiamente la funzione ad esse assegnata. Il pannello posteriore è essenziale e rigoroso con le due coppie di prese RCA che ostentano spudoratamente l'assenza della doratura come pure la comoda vite per la linea di terra. Un particolare proprio piccolo, ma fondamentale, mi ha colpito nelle realizzazioni inglesi di questi ultimi mesi e mi riferisco alla scritta "made in England" che sostituisce quella ormai classica, e a cui tutti ci eravamo abituati, "made in Corea, Hong Kong, Malaysia" e via discorrendo. L'intemo dell'Eos denota una circuitazione dual mono ad esclusione solamente dell'interruttore e del qeneroso toroidale avvolto interamente in una fascia di plastica nera con la scritta Rega in giallo. Gialla è anche la mother board sulla quale sono disposti in modo ordinato i componenti delle due sezioni. Le sezioni infatti sono sdoppiate e riguardano quella MC ed MM selezionabili tramite degli switch posti intemamente al telaio, non è quindi del tutto agevole l'opzione immediata delle due sezioni. A tal proposito la Rega è stata piuttosto parca nelle informazione circa l'utilizzo dei due selettori azzurri. Quello che posso dirvi è che per il circuito MM le levette bianche devono essere posizionate tutte verso le quattro cifre mentre per quello MC verso la scritta ON. Le posizioni alternative, in mancanza di precisi dati tecnici, richiedono purtroppo lunghe ed attente valutazioni ad orecchio (da ciò le maledizioni lanciatemi dal Direttore per la lungaggine nella stesura del mio articolo). Il mio suggerimento è di operare solo quando viene utilizzata la circuitazione MC, lasciando le piccole leve tutte abbassate con quella MM. Prima di iniziare la prova di ascolto desidero ricordarvi che solitamente ascolto i miei Lp utilizzando la sezione di riferimento che è una MM, ne consegue che l'abitudinaria esperienza mi suggerisce un confronto più diretto con questo tipo di circuitazione e non con quello MC che, comunque, effettuerò ugualmente stilandovene le differenze e caratteristiche, limitandomi alla disputa Rega contro Rega. Porrò a breve un rimedio a questa limitazione, rispolverando il mio vecchio e sempre amato Ariston Audio a cui cambierò il braccio inserendo una testina MC, cosi facendo allungherò ancora di più la descrizione del mio impianto di riferimento, ma sarò pronto ad affrontare le prove del Club del Disco Nero nelle migliori delle condizioni.
Per il momento la mia catena audio è composta dalla sorgente analogica J.A.Michell Gyrodec, braccio SME Series IV, testina Sumiko Blue Point da me modificata. Digitale a due telai Teac P-700 e D-700, pre-phono AM Audio MM-20 con alimentatore dedicato, pre AM Audio 04 N e Aurora della C.D.A., finali mono in classe A AM Audio A100M MKII, diffusori Piccola C.D.A. e Thiel 2.2 su punte e base in marmo. Cavi di segnale V.d.H. The First, Transparent Cable Music Link Plus, Neutric Profi e R&C 4W116, di potenza Rega Cable e R&C 4W116P. Tavolino in marmo e cemento autocostruito, stand Prandini in legno da me modificati, base sismica Moss 050, molle Moss 30KS, cilindri in grafite Combino Spirit, filtro di rete e stabilizzatore MPE SKV-1000 e CR1000, sala d'ascolto 6,50x4,30 mediamente assorbente. Con la new age di Enya (Waterrnark Wea) il pre-phono della Rega dimostra di possedere una dolcezza nell'emissione sonora che ricorda molto da vicino quella di apparecchiature d'alto livello costruttivo e di prezzo. La scena acustica è ampia, profonda ed omogenea, ben caratterizzata dal microcontrasto che assume doti di rotondità e stabilità dell'immagine. I tre range di frequenza principali sono ben rappresentati e risultano ben equilibrati tra loro. Le medie frequenze sono molto controllate, questo significa che non sono state adottate "furberie" solitamente presenti in sezioni phono costruite pensando a risparmiare. Le basse sono presenti, dinamiche e frenate mentre le alte sono levigate quel tanto che basta per non perdere lucentezza e freschezza. L'immagine quindi risulta equilibrata, proporzionata e ferma, il silenzio intertransiente non è ai massimi livelli, ma per ottenere un risultato apprezzabile circa la silenziosità bisogna essere pronti a sborsare ben altre cifre. La restituzione delle voci femminili non lascia dubbi, come del resto è piacevolissima la sensazione delle armoniche di contorno delle voci stesse e dei pochi strumenti acustici. Take 6 (Reprise Records) è, se non sbaglio, l'opera prima, con cui questo sestetto di colore si è aggiudicato un doppio premio Grammy nel 1989 per il miglior gruppo jazz vocale e di soul gospel. Chi possiede questo disco comprende quanto sia importante la riproduzione del timbro della voce e del microcontrasto da parte dell'impianto audio. La completa assenza di strumenti permette di concentrarsi sulle voci e sul loro intrecciarsi e combinarsi. Utilizzando l'Eos l'immagine risulta stabile e gradevolmente definita nei particolari. Risulta anche facile riconoscere il punto dal quale proviene la voce di ogni singolo corista ed è quindi altrettanto agevole immaginare il gruppo schierato di fronte a chi ascolta. Il palcoscenico è leggermente più avanzato rispetto a quello che ascolto abitualmente, risultando maggiormente in primo piano a discapito della profondità che è meno accennata. Lo schiocco delle dita e la battuta delle mani è credibile ed inoltre questa sezione phono della Rega ha la capacità di esaltare in modo piacevole tutti i riverberi ed i leggeri effetti di studio usati durante la registrazione. L'impostazione tonale della voce è equilibrata non manifestando predilezione per nessun particolare spettro di frequenza. The Silencers (A Blues For Buddha, RCA) è un gruppo che ha avuto la non so quanta involontaria ventura di somigliare agli U2, probabilmente questo è stato il motivo dell'immediato successo, ma dell'altrettanta repentina scomparsa dalle scene. Indubbiamente, però, questo è un bel disco sotto il punto di vista artistico ed anche discreto sotto quello tecnico. Il Rega Eos rende il giusto merito alla registrazione, donando all'immagine un ampio respiro che crea una sensazione tangibile di aria intorno ai diffusori. Non viene tralasciata o trascurata la zona centrale dello stage, questo vuol dire che mai si evidenzia il cosi detto sfarfallio, cioè quel fenomeno in cui si nota l'innaturale movimento lungo la scena sonora delle voci e strumenti la cui origine acustica non è identificabile con precisione. L'ascolto è piacevole e musicale caratterizzato da doti di neutralità e trasparenza anche se noto una lieve assenza di silenzio intertransiente. La linearità nella risposta in frequenza sembra la cosa migliore di cui è capace l'Eos, trattando in modo equo tuffi i più importanti range il cui giusto amalgama si manifesta con un suono pastoso, ma definito nei particolari. In generale la finestra acustica è trasparente e cristallina, ma si adatta volentieri ai toni caldi delle registrazioni come quella di Rickie Lee Jones (Flping Cowboys, Geffen) il cui accompagnamento di strumenti, effetti e percussioni acustiche lascia docilmente, fantasticare immaginando di trovarsi in ambienti raccolti e semibui in cui la musica è gradevolmente frenata ed ovattata nella completa assenza di riverberi. La voce acuta della cantante non risulta mai acida o stridula; al contrario, è naturale e spontanea ed occupa in modo perentorio lo spazio nello stage non ponendosi mai in primo piano rispetto agli strumenti.
Improvvisamente mi accorgo che la scelta dei dischi da ascoltare cade su ciò che più mi intriga sotto il punto di vista del puro piacere musicale e non sui dischi che utilizzo come test. Questo fatto mi fa capire che psicologicamente ho già promosso il Rega Eos ed ormai reputo più importante andare a scoprire se quest'apparecchio riesce ad offrire anche quello che io definisco "sentimento". Mi spiego. Le mie origine audiofile affondano le sue radici tra i solchi del nero vinile, ed ho dei ricordi ben precisi di quegli anni. Soprattutto ho registrato, in modo perfetto e in chissà quale angolo del mio cervello, un susseguirsi di note e musica che ha segnato in modo indelebile la mia vita. Questi ricordi, questa musica, queste emozioni fanno parte del mio diario immaginario in cui ho involontariamente appuntato tutto ciò che ha formato il mio modo attuale di essere e di agire, tutto ciò che ha creato la mia chiave di lettura della vita, vale a dire a "sentimento" con il quale affronto affetti, amicizie, lavoro, vicissitudini e, fatto non meno importante, il mio modo di intendere la musica riprodotta Quando iniziò l'era del digitale, il segnale musicale generato meravigliò, stupì, offrì comodità e qualità a poco prezzo ma molto, molto raramente è riuscito a risvegliare in me il "sentimento", a ricreare uno stato d'animo che fa parte del mio passato, che ha influenzato il mio presente e a cui devo del rispetto come, del resto, riservo del rispetto a quegli uomini o a quelle donne che mi hanno insegnato qualcosa di fondamentale. L'imperfezione della sorgente analogica può essere considerata una variabile che sicuramente allontana dal concetto che possiamo avere di universalmente ideale ed è, quindi, più vicina all'immanente che non al trascendente, più vicina all'uomo che alla macchina (pur essendo una macchina) il cui meccanismo può essere toccato, spiegato, capito e manipolato. Tutto ciò fa si che si crei un rapporto, un contatto, un sentimento. Il Rega Eos si fa interprete di questo sentimento, di questo stato d'animo, di questo lasciarsi immergere e circondare completamente dalla musica, cosi la voce rauca ed intimistica di Bob Dylan (Oh Mercy, CBS) mi soffia nelle orecchie e nel cuore che alcune persone seguono inspiegabilmente un uomo con il lungo mantello nero. Ed allora diventa facile lasciarsi trasportare dal blues melodico del compianto Steve Ray Vaughan (In Step, Epic) che nel brano Riviera Paradise offre una dimostrazione della sua personalità musicale trascinatrice e coinvolgente, delle incredibili doti di chitarrista di quel rock blues eclettico e contaminato fatto di semplicità e straordinaria tecnica.
Come poteva mancare Miles Davis (Siesta, W.B.) la cui tromba, pur mancando di un lieve spunto timbrico nella zona delle medio alte, viene scolpita dall'Eos in un punto ben preciso dello stage musicale circondato di effetti elettronici che trovano il loro spazio nei diversi piani sonori della prospettiva scenica. L'equilibrio della risposta in frequenza viene confermato dall'assenza di porzioni preferite rispetto alle altre, può sembrare una cosa strana affermare o constatare una caratteristica negandone un'altra, ma non lo è. Infatti non è difficile imbattersi in apparecchiature che si fanno apprezzare, per esempio, per la buona riproduzione delle frequenze basse facendosi accettare per questa caratteristica a discapito, appunto, di un non perfetto equilibrio con le rimanenti frequenze. L'unità phono della Rega sembra preferire, giustamente a mio modesto modo di vedere le cose, l'omogeneità della risposta correlandola ad un'immagine sia orizzontale che prospettica che possiede la buona dote di essere ferma e decisa. La dinamica di cui è capace l'Eos ricorda molto da vicino performance di elettroniche di alto lignaggio e, soprattutto, di ben altro costo. Ascoltare il basso elettrico profondo e controllato di Marcus Miller senza perdere... d'udito il resto della strumentazione e degli effetti di studio non è cosa che possa essere rilevata tutti i giorni. A ben vedere, alcuni particolari della registrazione sono posti un po' più in primo piano, ma questa potrebbe essere una sensazione piacevole per chi non disdegna un palcoscenico sonoro esteso leggermente in avanti e non solo dietro i diffusori. Anche con la musica classica (The Firebird, Decca) si conferma la bella sensazione di spazialità di un panorama musicale cui non manca il microcontrasto, come si avverte grazie alla facilità con cui si riconosce la posizione dei vari strumenti. La timbrica raggiunge valori degni di nota quando vengono interessate le frequenze che vanno dalle medie in giù, mentre il colore sembra leggermente sbiadirsi lungo le medio alte. Tutto ciò non inficia le tonalità e in nessun caso posso annotare secchezze o indurimenti all'aumentare del volume. Al contrario, i violini e gli ottoni vengono proposti con fluidità cui non manca quel punto di rugosità che a me piace tanto e che ritengo sia un particolare che spesso si apprezza nei concerti dal vivo.
Con la sezione MC non ho notato niente che potesse allontanare dai concetti che fino ad ora ho espresso. Certamente, trattandosi di analogico, le critiche frequenze medio alte e alte hanno acquisito più brillantezza, più luce con la conseguente apertura dell'immagine in senso orizzontale. Quindi con piacere posso affermare che, pur non amando in particolar modo le sezioni MC in senso generale, questa del Rega Eos offre l'ennesima prova della matura moderazione e della intelligente pacatezza con cui il marchio inglese riesce a risolvere le impostazioni progettuali tese ad un risultato sonoro con caratteristiche di musicalità e piacere d'ascolto. ll Rega Eos ha quindi dimostrato di essere un buon apparecchio con attributi di coerenza timbrica priva di colorazioni particolari e, di conseguenza, con doti di neutralità e discreta trasparenza. Mi sento di aggiudicare al rapporto prezzo/prestazioni un valore sicuramente elevato, infatti il prezzo di 1.700.000 lire è da considerarsi tra i meno alti soprattutto in considerazione del fatto che è un'unità phono completa (MM, MC e alimentatore) che soddisfa completamente il bisogno di qualità e correttezza di impianti anche impegnativi per costo e resa sonora. Naturalmente l'Eos si pone come giusto ed ultimo complemento (è proprio il caso di dirlo perché mancava all'appello solo l'unità phono tra le elettroniche amplificatrici Rega) della splendida sorgente analogica rappresentata dal Planar 9, ma vi posso garantire che non corre il rischio di sfigurare se inserito in qualsiasi altra catena audio grazie alla versatilità assicurata dagli adattatori a selezione che ho descritto all'inizio dell'articolo.
Un ennesimo centro pieno ottenuto dall'inglese Rega che sempre più dimostra di essere capace di offrire alta qualità ad un giusto prezzo e questa, con i tempi che corrono, non è davvero una cosa da sottovalutare.
Roberto Rocchi
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