Rivista |
Data / Nr. |
Argomento della recensione |
Autore |
Suono |
329 |
Rega P 3 |
Mario Berlinguer |
I CAPOLAVORI POSSONO ESSERE RIMANEGGIATI
- Che il Planar 3 sia un pezzo di storia audio non vi sono
dubbi. Come altrettanto indubbio è, come sottolinea giustamente Luca
nel suo articolo, che questo piccolo giradischi abbia consentito a moltissimi
appassionati di ascoltare dischi in modo corretto e soddisfacente, ottenendo
risultati di livello elevato con una spesa contenuta e, altrettanto importante,
una facilità di gestione e messa a punto sconosciuta prima dell'avvento
del Planar. C'era uno scotto da pagare a tutto ciò, perchè la
perfezione non è di questo mondo, e a mio parere tale scotto era in
una certa eccessiva asciuttezza del suono, una punta di aridità che,
pur se compensata ampiamente dalle eccezionali doti del giradischi, soprattutto
con certe testine e in certi impianti dava un pochino di fastidio. Era ciò
che ogni tanto faceva pensare che, certo, per la sua fascia di prezzo non
era possibile avere di meglio, ma qualcosina mancava. E nonostante ciò
il Planar 3 era sicuramente e meritatamente un Best Buy se non addirittura,
per moltissimi, "il" Best Buy, uno dei pezzi più venduti
della storia del nostro settore e decisamente, nel suo ambito, un capolavoro
di semplicità ed efficacia. Per questo, da quando ho saputo che alla
Rega avevano rimesso mano al Planar 3, sono stato nella trepida attesa di
ascoltare cosa avessero combinato, fiducioso, devo dire, perchè supponevo
che le modifiche al giradischi fossero derivate da altri magnifici sistemi
di lettura come il Planar 9 e il Planar 25. E infatti l'azienda britannica
si è confermata azienda serissima: nonostante poco si veda delle differenze
tra il vecchio e il nuovo modello, molto, moltissimo si sente. Non è
neanche necessario un confronto diretto (che peraltro ho avuto la fortuna
di poter fare, avendo ancora in redazione un modello della vecchia serie),
per capire che il tasso di musicalità del P3 è di parecchio
superiore a quello del Planar 3, per percepire una maggiore dolcezza nel suo
suono, e per rendersi conto di come questo si sia fatto più immediatamente
godibile. È aumentato molto lo spessore armonico del timbro, che ha
perso completamente quelle tracce di esilità che connotavano la prima
versione (a mio parere, naturalmente), sono migliorate la rotondità
e la plasticità dell'emissione, e con esse l'immagine (molto più
solida e focalizzata) e il coordinamento tra le gamme, sempre improntato a
una grande correttezza ed eleganza ma con un' escursione in frequenza a mio
parere maggiore. Il tutto, e qui è il bello, senza intaccare la capacità
analitica e di tracciamento che era una delle cause di maggior successo del
Planar 3, un giradischi che per quello che costava faceva miracoli danzando
tra i solchi, e senza diminuire quell'ariosità e quella precisione
che erano, anch'esse, tra le caratteristiche più marcate della vecchia
versione. Insomma, il P3 ha conservato pressochè integre le qualità
del Planar 3, arricchendole però di un suono più maturo e completo,
ancor più soddisfacente, cosa che sembrava impensabile per un sistema
di questa categoria. Un gesto di coraggio, manomettere un capolavoro con tanti
anni di carriera, ma evidentemente andava osato, e hanno avuto ragione loro.
Mario Berlinguer